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Le Convenzioni internazionali definiscono le regole per accertare la residenza fiscale delle persone in un contesto globale di mobilità e risolvere caso per caso le situazioni più controverse. L’adozione di strumenti convenzionali per evitare la doppia imposizione.
In un contesto come quello contemporaneo caratterizzato da una grande mobilità delle persone a livello internazionale avviene frequentemente che una persona residente in uno Stato percepisca un reddito in relazione a un’attività svolta in un altro Stato. In questi casi la pretesa impositiva avanzata dall’amministrazione finanziare genera il concreto rischio che si realizzi una doppia imposizione nei confronti del contribuente.
Infatti la doppia imposizione fiscale è la conseguenza della sovrapposizione delle pretese impositive di diversi Stati: il medesimo reddito è, dunque, assoggettato a tassazione sia nello Stato in cui questo è prodotto sia nello Stato di residenza del contribuente.
Il problema della doppia imposizione si pone in relazione al principio della tassazione su base mondiale, la cui applicazione comporta che i soggetti (persone fisiche ovvero persone giuridiche) residenti in Italia sono tassati sui redditi ovunque prodotti. In effetti, è ben possibile che quegli stessi redditi, se prodotti all’estero, siano già stati tassati nel Paese in cui sono stati prodotti, cosicché il contribuente si vedrà costretto al pagamento delle imposte sul reddito tanto nello Stato di residenza quanto nello Stato in cui il reddito è stato originariamente prodotto.
Al fine di evitare la doppia imposizione, gli Stati possono provvedere all’adozione di strumenti convenzionali, che mirino al perseguimento di due distinti obiettivi:
Tali strumenti convenzionali sono predisposti sulla base del Modello di convenzione elaborato dall’Ocse, il quale contempla due possibili rimedi alternativi al problema della doppia imposizione:
Sulla base delle norme costituzionali, è indubbio che le Convenzioni, siccome speciali, prevalgono sulla normativa interna: la Corte di Cassazione ha infatti affermato il principio generale per cui le Convenzioni, per il carattere di specialità del loro ambito di formazione, cosi come le altre norme internazionali pattizie, prevalgono sulle corrispondenti norme nazionali.
Pertanto occorre fare riferimento alle norme delle Convenzioni internazionali che indicano i criteri utili ai fini della determinazione dello Stato di residenza del contribuente, che sia considerato fiscalmente residente in entrambi gli Stati.
Tali criteri – le cosiddette tie-breaker rules – prevedono che:
Il caso limite ricorre se la persona non ha la nazionalità di alcuno degli Stati contraenti, o se ai sensi della legislazione italiana ha la nazionalità di entrambi gli Stati, allora in questi casi le autorità competenti degli Stati contraenti dovranno analizzare la questione di comune accordo. Si tratta della cosiddetta Mutual agreement procedure (Map), uno strumento di risoluzione delle controversie fiscali internazionali prevista dal Modello Ocse.
La procedura di accordo reciproco (Map) è uno strumento per la risoluzione di controversie fiscali internazionali, attivabile nel caso in cui una persona ritiene che le azioni di una o entrambe le amministrazioni fiscali degli Stati contraenti determinino o possano determinare una tassazione non conforme alle disposizioni di una tassa convenzione o di un trattato fiscale. A tal fine, tale procedura consente alle autorità competenti designate dai governi degli Stati contraenti di interagire con l’intento di risolvere il contenzioso fiscale internazionale.
Edoardo Tamagnone per we-wealth.com